#chirurgia polmonare
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AOU di Novara: Intervento di Chirurgia Toracica Innovativo Riuscito con Successo
Un complesso intervento toracico salvavita per un tumore al polmone è stato eseguito con successo presso l’AOU Maggiore della Carità di Novara dal professor Ottavio Rena. Una tecnica rara è stata utilizzata per la prima volta in Piemonte.
Un complesso intervento toracico salvavita per un tumore al polmone è stato eseguito con successo presso l’AOU Maggiore della Carità di Novara dal professor Ottavio Rena. Una tecnica rara è stata utilizzata per la prima volta in Piemonte. Novara, 21 ottobre 2024 – Un paziente cinquantenne affetto da un tumore al polmone ha potuto beneficiare di un complesso intervento di chirurgia toracica…
#anastomosi tracheo-bronchiale#AOU Novara#centri di eccellenza Piemonte#chirurgia d’eccellenza#chirurgia polmonare#Chirurgia toracica#circolazione extracorporea#complessi interventi chirurgici#cura del tumore#Dipartimento CardioToracoVascolare#ECMO#ECMO veno-venoso#Emergenza sanitaria#Francesco Della Corte#Giovanni Casali#Giuseppe Patti#Innovazione medica#interventi salvavita#intervento innovativo#Maggiore della Carità#Ospedale di Novara#Ottavio Rena#sanità italiana#sleeve pneumonectomy#successo chirurgico#tecniche chirurgiche innovative#trattamento chirurgico#Tumore al polmone#tumori polmonari#Università del Piemonte Orientale
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PAPÀ DONA IL POLMONE AL FIGLIO: PRIMO TRAPIANTO DA VIVENTE
Un bambino di 5 anni è il primo paziente in Italia a ricevere un trapianto di polmone da donatore vivente.
Il donatore è il padre del piccolo, che dopo aver donato al bambino il midollo per curare la talassemia che lo affligge fin dalla nascita, ha scelto di donare anche un suo polmone per salvare la vita al figlio. Si tratta di un caso molto raro, con pochissimi precedenti nel mondo. “L’estrema rarità di questi casi e i limiti tecnici del trapianto da vivente, nel caso del polmone non lo rendono un’opzione terapeutica di facile applicazione. Per questo, diversamente da quanto succede per altri organi, non viene abitualmente considerata un’opzione alla portata di tutti” ha spiegato Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insufficienza d’organo e trapianti dell’Unità di Chirurgia generale 3 dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, dove è avvenuta l’operazione incrociata.
Il doppio intervento di prelievo e di trapianto ha coinvolto decine di medici e operatori e l’impiego di due sale chirurgiche adiacenti che hanno lavorato in parallelo. La procedura operatoria è durata 11 ore ed ha effettuato il trapianto sul bambino subito dopo il prelievo del lobo polmonare destro dal padre donatore eseguito dal team del dottor Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia generale 1 addominale toracica.
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Fonte: ASST Ospedale di Bergamo
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I Benefici Di Esercizio Fisico Per Gente Insieme A Polmone Cellule Cancerose
Quando ottieni encomio venendo da il tuo medico per allenarsi, inizio un dolce corso di respirazione allenamenti, flessione, aerobico esercizio, e anche forza istruzione. Progressione lentamente, indipendentemente dal fatto che era effettivamente letteralmente attivo prima della tua diagnosi medica. Se in realtà un compromesso sistema immunitario a seguito di il tuo terapia, è effettivamente pericoloso allenarsi in un considerevole centro fitness considerando che batteri facilmente disperdersi rapidamente su condiviso dispositivi. Piuttosto, considera collaborare con un fisioterapista, polmonare riabilitazione esperto, o anche a cellule cancerose esercizio specialista in un sicuro ambiente.
Inspirazione esercizi fisici insieme a Allenatore di polmoni
Molte persone con bronchi cancro competenza mancanza di incantesimo di respirazione e avere difficoltà respirazione, che può mantenere tutti venendo da essere energico. Quello 's perché potrebbe aiutare a iniziare il tuo esercizio fisico sistema insieme a respirazione esercizi fisici. Ripristinare respirare può aiutare potenziare la resistenza, rendendola molto più facile per completare regolare compiti. Airphysio è il migliore dispositivo che aiuta a indirizzo polmoni e lezionando preoccupazione. Attraverso verifica Airphysio Recensioni, puoi puoi facilmente capire l'efficacia di questo particolare prodotto.
Una chiave respirazione esercizio fisico è effettivamente telefonato "respirazione diaframmatica con labbra serrate." La respirazione diaframmatica incrementa il contraddittorio, che è una massa muscolare tra i tuoi polmoni così come i tuoi aree addominali, insieme a i muscoli addominali. Questo permette più aria entri ed esca dai polmoni con meno affaticamento del parte superiore del corpo massa muscolare. Questo allenamento facilmente allo stesso modo aiuta moderato il tuo respiro se diventato senza fiato durante un'attività.
Per provare respirazione diaframmatica, osservare questi passi:.
Mentre riposato o anche alzandosi diritto, area la tua mano sul tuo addome.
Inspira con il tuo narici mentre delicatamente guidando il tuo metà- sezione fuori. La mano posiziona su il tuo addome si sposta fuori. Questo permette il controllo delle nascite abbassa, che potenzia polmone abilità.
Espira lentamente con sicuramente premendo labbra (bocca increspata), mentre delicatamente premendo interno e su insieme la mano sulla addome per aiutare totalmente vacante i polmoni. Visualizza spingendo l'ombelico sulla colonna vertebrale mentre espiri tutta la tua aria.
A poco a poco inspira attraverso il tuo narici, caricando i tuoi bronchi con aria. Regular l'esercizio un numero opportunità una volta.
Flettere esercizi.
Flettendo aumenta il circolazione di flusso sanguigno e ossigeno ai tessuti muscolari, rafforza tessuto muscolare elasticità, e aiuta il corpo per riparare da solo. Quotidiano superiore corpo estensione esercizi cresce il parte superiore corpo carie dentale e potenzia polmone capacità. Questo abilita attività più libero dei respirazione e anche diaframma, che incoraggia molto più profondo la respirazione così come aiuta con mancanza di incantesimo di respirazione. Professionisti medici sono effettivamente incoraggiato a utilizzare Airphysio per bronchi e anche respirazione problema.
Delicatamente allungando altro porzione di il corpo può facilmente migliora il tuo intervallo di movimento e anche minimizzare corpo rigidità. Questo è effettivamente specialmente cruciale dopo la radioterapia terapia, che può creare tessuto muscolare rigidità. Estendere facilmente anche malfunzionamenti cicatrice cellule attivato da chirurgia.
Inoltre, allungare può aiutare rafforzare la tua posizione. Stare seduti per lunghi periodi di tempi può facilmente creare le tue spalle a ruotare avanti, che diminuisce polmone capacità. Flettere è anche una tecnica per gestire lo tensione così come stress e ansia di affrontare bronchi cancro.
È è cruciale flettere coerentemente, così puoi puoi gradualmente rafforza e anche mantenere il tuo varietà di movimento e versatilità.
Cardio esercizio.
Quotidiano cardiovascolare esercizio in realtà un fantastico modo per persone con polmone cellule cancerose per potenziare la loro idoneità fisica. potenzia il cuore e anche migliora aria capacità. Esempi di aerobico esercizio fisico funzione passeggiare, danza, o qualsiasi tipo compito diverti che alza il tuo cuore costo.
L'obiettivo è effettivamente per ad un certo punto allenamento per circa 150 momenti una settimana intera, che è lo stesso riferimento per ben equilibrato adulti. richiede tempo per migliorare la tua esercizio livello, perciò procede lentamente, fissa obiettivi, e ascolta il tuo corpo fisico. All'inizio, poter stancare prontamente e solo gestire allenamento per un rapido intervallo di tempo. Ma se lavori giornalmente per prolungare la trattamento, determinazione così come processo sarà ripagare. Un ottimo modo per iniziare per esercizio fisico è in breve sessioni di 10 minuti ciascuna.
Cardio allenamento potrebbe essere fatto quando viene, così come c'è è in realtà non necessità iscriversi a un costoso centro benessere. Bassa intensità allenamento, compreso passeggiare, è un sicuro metodo per iniziare. Puoi può iniziare attraverso perambulando un'area nella la tua casa, riposo, e poi camminando di nuovo. Quando sente molto di più positivo, tenta lentamente aumenta la span. Questo può eseguito molti volte una volta. Utilizza un contapassi digitale per contare i tuoi azioni e anche per assistere stabilito e ottenere obiettivi. Puoi facilmente in aggiunta gradualmente potenziato attività attraverso facendo piccoli aggiustamenti, come fare le scale e anche parcheggio oltre lontano da la tua posizione di quanto hai in recente.
Resistenza allenamento.
Persone insieme a polmone cellule cancerose può beneficiare resistenza istruzione dato che può potenziare tessuti muscolari diminuito da trattamento con radiazioni e radiazioni terapia. Inoltre, stanchezza potrebbe indurre bronchi cellule cancerose sopravvissuti a riposare o anche cernierare materasso per periodi prolungati di tempo, causando tutti a perdere massa tessuto muscolare.
mediante ottenendo più forte mediante forza istruzione, può essere effettivamente fattibile tornare a lavoro e anche prendersi cura di regolare doveri prima. Resistenza allenamento può allo stesso modo aiutare potenziato il tuo equilibrio e anche posizione, oltre a potenzia il tuo tessuto osseo resistenza.
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24 ago 2020 12:18
"I MEDICI MI AVEVANO DATO SOLO TRE ORE DI VITA" - FATE LEGGERE AI NEGAZIONISTI DEL COVID LA STORIA DEL TASSISTA DI TORINO CHE DOPO 5 MESI È USCITO DALLA TERAPIA INTENSIVA - IL VIRUS GLI HA GENERATO COMPLICANZE A CASCATA: E’ STATO OPERATO TRE VOLTE AD ADDOME APERTO NELL'ARCO DI CINQUE GIORNI. LE SUE POSSIBILITÀ DI SOPRAVVIVENZA ERANO QUASI PARI A ZERO – “ORA NON STO IN PIEDI, DEVO IMPARARE A CAMMINARE, A DEGLUTIRE. NON SA QUANTO MI È MANCATO BERE UN BICCHIERE D'ACQUA…
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LIDIA CATALANO per la Stampa
I volti sono seminascosti dalle mascherine. Ma basta osservare la scintilla che illumina gli occhi per cogliere tutta l'esultanza di chi è riuscito a portare a termine un'impresa. «Loro non mollano, non mollano... finché un alito di vita vi pervade loro faranno di tutto per non farlo spegnere», dice Gianfranco Medicini, l'uomo al centro della foto.
Finito in terapia intensiva a marzo con i polmoni strozzati dal coronavirus e uscitone 148 giorni dopo. Tirarlo fuori da quel limbo durato 4 mesi e tre settimane è stata l'impresa dell'equipe della struttura complessa di rianimazione universitaria dell'ospedale Molinette di Torino, diretta dal professor Luca Brazzi.
«Non ero mai stato ricoverato, non avevo mai preso neppure una pastiglia per il mal di testa», racconta Medicini, 55 anni, di professione tassista da quando ne aveva 27. «Per questo quando hanno detto a mia moglie che mi restavano tre ore di vita non ha voluto arrendersi, ha pregato i medici di aiutarmi a lottare».
La sua voce nel telefono arriva filtrata come attraverso un acquario. «Mi scusi, ho recuperato la parola solo da una settimana. Diamo per scontata la nostra capacità di comunicare ma dopo mesi di mutismo poter ricominciare a parlare implica un allenamento durissimo».
I ricordi degli ultimi mesi sono offuscati, confusi. «A marzo avevo solo un po' di febbre che non andava via, con qualche difficoltà a respirare. Mia moglie ha avuto l'intuizione di misurarmi i valori dell'ossigeno nel sangue con un saturimetro. Erano terribilmente bassi». Dopo la corsa in ospedale Medicini finisce in coma. «Quando mi sono svegliato avevo la sensazione di aver dormito per non più di due o tre giorni. Sono sobbalzato quando mi hanno raccontato che ne erano passati 47».
E non era finita. L'infezione polmonare gli genera complicanze a cascata. Una notte di inizio maggio viene trasferito d'urgenza in sala operatoria per uno choc settico dovuto a una pancreatite acuta necrotico emorragica. «Lo abbiamo operato tre volte ad addome aperto nell'arco di cinque giorni», racconta il dottor Luca Petruzzelli, del reparto di chirurgia d'urgenza diretto dal professor Paolo De Paolis. «Le sue possibilità di sopravvivenza erano quasi pari a zero». Era spacciato, Gianfranco Medicini, ma la sua ostinazione e quella di chi ha tentato l'impossibile per tenerlo in vita hanno avuto la meglio.
Adesso che il peggio è passato per il tassista torinese soprannominato dagli amici "baffo", «per via dei baffi che ho sempre portato da quando avevo 16 anni» inizia una lunga fase di riabilitazione. «Non sto in piedi, devo imparare a camminare, a deglutire. Non sa quanto mi è mancato poter bere un semplice bicchiere d'acqua». I colleghi taxisti non si capacitano che sia capitato proprio a lui, «il più attento di tutti alla sicurezza e alle norme anti-contagio con un una scrupolosità al limite della paranoia», racconta Franco Carrozza, che non vede l'ora di rivedere "baffo" in pista.
«Sa qual è il paradosso? Gianfranco è l'esperto di informatica del gruppo, il collega a cui tutti affidano il computer per le riparazioni. Quando tornerà spero potremo scherzare insieme sul fatto che proprio il nostro mago degli anti-virus sia stato messo a tappeto da un virus così subdolo».
Che il caso di Gianfranco Medicini sia stato uno dei più critici nel pieno dell'emergenza Covid lo conferma anche il dottor Giovanni La Valle, commissario dell'azienda ospedaliera universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino.
«La sua è stata una situazione particolarmente complessa, è davvero raro che si rendano necessari ricoveri in rianimazione per periodi così prolungati». Ora "baffo" conta i giorni che gli mancano per riprendersi la sua quotidianità.
«Non so come sia potuto succedere, ma il mio lavoro è questo, stare in mezzo alla gente. Ho sempre indossato la mascherina, a marzo però non tutti i passeggeri erano abituati a queste precauzioni. Ciò che conta adesso è poter riabbracciare mia moglie e mia figlia grazie a medici e infermieri di grande umanità, che lavorano sodo, ben oltre il loro dovere professionale. Nel cuore di Torino ho trovato un angolo di efficienza svizzera che mi ha restituito la vita». -
pubblicata sui social da Gianfranco Medicini Mi sono svegliato dal coma dopo 47 giorni Mi sembrava di aver dormito solo per due I medici delle Molinette lo hanno operato tre volte per complicazioni.
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GLI ACCUMULI ADIPOSI - LA LIPOSUZIONE - Fitness, Massaggi, Mesoterapia, Elettolipolisi; cosa non si fa per questa ‘benedetta linea’ e quante proposte di metodi nuovi provengono dai vari Centri di Rimodellamento ! In realtà con la dieta ,spesso, non si dimagrisce solo nelle zone desiderate, ma anche in quelle da preservare ( ad es. seni e glutei) e ,se si dimagrisce, a volte, i tessuti si rilassano troppo; questo senza contare che i depositi di cellulite non rispondono a nessuna dieta e possono essere notevoli anche in donne molto magre. Tutti i trattamenti medici e fisioterapici di rimodellamento selettivo delle varie zone corporee, oltre ad essere lunghi e faticosi, danno risultati di non lunga durata, vanno ripetuti, e richiedono grande costanza ed applicazione.Ecco, dunque, che, per rimodellare le cosce, i fianchi, i glutei, l’interno ginocchia ,l’addome, si va dal chirurgo plastico e si richiede la Liposuzione.Per le rotondità di troppo la Lipoaspirazione ( o Liposuzione) è un rimedio molto efficace, ma gli obesi non ci possono contare, o devono prima sottoporsi ad opportune diete ; la tecnica è applicabile in zone circoscritte e nonserve per dimagrire. La tecnica chirurgica: L’intervento , da sempre in cima alla lista degli interventi di chirurgia plastica più richiesti,si basa sulla eliminazione , per aspirazione, del grasso sottocutaneo in eccesso, grazie a delle cannule a punta smussa, collegate a pompe di aspirazione ; è possibile intervenire in quasi tutte le zone del corpo. Si ricorre, infatti, alla liposuzione per la rimozione del grasso in eccesso dal volto, dal collo ( doppio mento),dalle braccia, dai fianchi, dalle cosce, dalle ginocchia,dall’addome. E’ anche possibile scolpire il ‘punto vita’ ,assottigliandolo’, durante la liposuzione dell’addome. Un’altra applicazione molto frequente è ,nell’uomo, il trattamento della ‘Ginecomastia’, (cioè la presenza di mammelle troppo sviluppate). Negli ultimi anni la tecniche di Liposuzione si sono molto affinate e si è passati dalla semplice ‘Estrazione ‘ del grasso mediante le cannule ad un vero e proprio modellamento, per cui le cannule diventano uno strumento per scolpire la zona prescelta in maniera tridimensionale. Si parla ,a questo proposito, di ‘Liposcultura’, tecnica che, in alcuni casi, prevede anche il reimpianto del grasso aspirato da una determinata zona ,in un’altra zona che richiede un particolare riempimento. Con l’uso di cannule smusse più sottili e soprattutto con l’introduzione della Liposuzione superficiale l’intervento è diventato molto più sofisticato La liposuzione superficiale, consiste nell’aspirare il grasso a partire dallo strato superficiale, che stà immediatamente sotto la pelle con cannule sottili, che scollano, quindi, anche la pelle, mentre prima si aspirava solo il grasso in profondità con cannule piuttosto grosse ; questa nuova tecnica ha permesso di migliorare notevolmente i risultati, perché nelle zone trattate la pelle, una volta scollata, si retrae, migliorando notevolmente la sua tonicità e compattezza. La estrazione del grasso è facile, ma occorre abilità e senso plastico per scolpire, a livello tridimensionale ,la zona trattata. e soprattutto molta attenzione per mantenere la simmetria tra zone omologhe. I Candidati Ideali: Persone in buona salute con pelle tonica ed elastica che hanno aree localizzate di grasso sproporzionate rispetto al resto del corpo. L’Intervento; dove, come quando: Sempre in Sale operato- rie attrezzate e mai in un semplice ambulatorio medico. Va considerata una normale operazione chirurgica da non banalizzare, e va eseguita secondo tutti i criteri precedentemente descritti per la Day Surgery. Il tipo di Anestesia dipende dalla estensione della zona da trattare; in linea generale per zone limitate si ricorre alla semplice anestesia locale; per zone più estese si applica la ‘ipnosi farmacologica,’ rafforzata dalla anestesia locale a dosi ridotte o alla anestesia spinale ( nel caso degli gli arti inferiori ). In ogni caso il recupero è immediato . Già uno o due giorni dopo l’intervento la paziente potrà riprendere la sua normale attività; indosserà delle calze elastiche a compressione medio-bassa per circa un mese. Per circa venti giorni dopo l’operazione saranno presenti edemi ed ecchimosi nella zona trattatta. Questo lasso di tempo potrà essere maggiore o minore , variando da persona a persona ; per accellerare la guarigione saranno molto utili alcune sedute di massaggi di linfodrenaggio. Il risultato finale effettivo si potrà vedere dopo circa 6 mesi. L’operazione si può effettuare in ogni periodo dell’anno ad esclusione di mesi caldi, per la necessità di indossare, poi, le calze elastiche. Gli Imprevisti: questo tipo di intervento viene ingiustamente considerato pericoloso, perché sono stati descritti e pubblicizzati alcuni ‘incidenti ‘ gravi, in corso di ‘Liposuzione’. La maggior parte di questi incidenti si riferisce a complicanze infettive (setticemie) di pazienti operate in ambulatori medici non forniti di sale operatorie sterili ed attrezzate o all’uso di forti quantità di anestetico locale , superiore alle dosi tossiche, allo scopo di evitare la più sicura anestesia generale. Sono poi stati riferiti alcuni casi rarissimi di embolia polmonare. In effetti, se l’estensione dell’intervento è contenuta entro limiti di sicurezza ,gli imprevisti, oltre a quelli generici delle operazioni chirurgiche, sono rappresentati semplicemente da : piccole irregolarità delle zone trattate, (che possono richiedere eventuali ‘ritocchi’in anestesia locale) e flaccidezza della pelle nella regione aspirata, quando la pelle è poco elastica e non segue sufficientemente la riduzione volumetrica dello strato di grasso. ( di qui la utilità di massaggi tonificanti). In effetti la presenza ,in qualche caso ,di irregolarità del contorno nell’area trattata è dovuta al fatto che la liposuzione è realizzata con la paziente in posizione orizzontale e nel momento in cui si alza in piedi, la regione trattata può presentare qualche variazione di forma per effetto della gravità. Dott Carmine Martino x info 3471946277 #bellezzaechirurgia #drcmartino#liposuzioneaddome#liposuzioneglutei#chirurgiaplastica #panciapiatta#chirurgiadeladdome#addomebello #lineapiubella#addomepiatto #corpoflessuoso#liftingdelladdome#rimuovereeccessocutaneo#rassodamentochirurgico#liposculturaaddome#liposuzione#addomesodo#nuovetecnicheaddominoplastica#mastoplasticariduttiva#chirurgiaplastica#chirurgiaplasticasalerno#chirurgiaplastcanapoli#chirurgiaplasticaroma http://www.clinicadeinasi.it/interventi-corpo/liposuzione.html
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Il ponte pedonale dell'isola
La ferrovia detta delle Varesine (linea Milano-Varese), con motrici elettriche alimentate da una terza rotaia con corrente ad alta tensione, taglia una fetta della zona nord di Milano creando un quartiere abbastanza isolato dal resto della città: l’Isola Garibaldi. Giuseppe Garibaldi e i suoi soldati si fermarono in Via Pietro Borsieri al n. 16, dove in seguito partirono per la capitale: una lapide ne è testimone. Il territorio del rione è racchiuso a nord da Viale Zara e Piazzale Istria, a ovest dal Ponte della Sorgente, Via Carlo Farini, la Dogana e Via Guglielmo Pepe, ad est dal Naviglio della Martesana (ora Via Melchiorre Gioia che copre il Naviglio fino a Greco), a sud, nel cuore mio e dell’Isola, convergono le tre vie Guglielmo Pepe, Pietro Borsieri e Gaetano De Castillia. Lì avvenne il “misfatto”. C’era un ponte di ferro che scavalcava per ottanta metri i binari e portava in Corso Como e verso il resto della città; il ponte costruito da un’azienda svizzera nel 1870, fu demolito nel 1946 per far posto alla nuova stazione Garibaldi. La stessa sorte subirono le case di coloro che abitavano sopra quel collegamento sotterraneo che congiungeva la nuova stazione alla stazione Centrale, lasciando isolato quel quartiere che li aveva ospitati per tanto tempo. Per quale scopo? Perchè creare a soli due chilometri di distanza una nuova stazione e lasciare la vecchia stazione delle linee Varesine, in Via Galileo Galilei, demolendola e destinandola come area per ospitare le giostre o a disposizione del circo Togni? E perchè non sfruttare l’area dopo la Dogana, non più utilizzata, totalmente libera, evitando di smembrare un intero quartiere soprattutto per le ripercussioni umane e sociali che ciò ha comportato (per non parlare del lato economico della vicenda soprattutto in termini di risparmio costi!)? La popolazione “isolana” era prettamente milanese, parte di una comunità fortemente integrata che trovava una propria espressione anche nelle case di ringhiera che caratterizzavano il quartiere. Il ponte di ferro venne sostuito da una strada-cavalcavia che sorpassa la stazione da Via Maurizio Quadrio, scende in Via Pietro Borsieri, senza eliminare i disagi di un quartiere “isolato” dal resto della città. Ma l’Isola c’è ancora… 22/03/2012 di vecchiamilano di Sergio Codazzi La ferrovia detta delle Varesine (linea Milano-Varese), con motrici elettriche alimentate da una terza rotaia con corrente ad alta tensione, taglia una fetta della zona nord di Milano creando un quartiere abbastanza isolato dal resto della città: l’Isola Garibaldi. Giuseppe Garibaldi e i suoi soldati si fermarono in Via Pietro Borsieri al n. 16, dove in seguito partirono per la capitale: una lapide ne è testimone. Il territorio del rione è racchiuso a nord da Viale Zara e Piazzale Istria, a ovest dal Ponte della Sorgente, Via Carlo Farini, la Dogana e Via Guglielmo Pepe, ad est dal Naviglio della Martesana (ora Via Melchiorre Gioia che copre il Naviglio fino a Greco), a sud, nel cuore mio e dell’Isola, convergono le tre vie Guglielmo Pepe, Pietro Borsieri e Gaetano De Castillia. I bagni pubblici di via De Castillia Lì avvenne il “misfatto”. C’era un ponte di ferro che scavalcava per ottanta metri i binari e portava in Corso Como e verso il resto della città; il ponte costruito da un’azienda svizzera nel 1870, fu demolito nel 1946 per far posto alla nuova stazione Garibaldi. La stessa sorte subirono le case di coloro che abitavano sopra quel collegamento sotterraneo che congiungeva la nuova stazione alla stazione Centrale, lasciando isolato quel quartiere che li aveva ospitati per tanto tempo. Per quale scopo? Perchè creare a soli due chilometri di distanza una nuova stazione e lasciare la vecchia stazione delle linee Varesine, in Via Galileo Galilei, demolendola e destinandola come area per ospitare le giostre o a disposizione del circo Togni? E perchè non sfruttare l’area dopo la Dogana, non più utilizzata, totalmente libera, evitando di smembrare un intero quartiere soprattutto per le ripercussioni umane e sociali che ciò ha comportato (per non parlare del lato economico della vicenda soprattutto in termini di risparmio costi!)? La popolazione “isolana” era prettamente milanese, parte di una comunità fortemente integrata che trovava una propria espressione anche nelle case di ringhiera che caratterizzavano il quartiere. Il ponte di ferro venne sostuito da una strada-cavalcavia che sorpassa la stazione da Via Maurizio Quadrio, scende in Via Pietro Borsieri, senza eliminare i disagi di un quartiere “isolato” dal resto della città. Ma allora l’Isola c’è ancora? Il cavalcavia così come venne fatto è a tutt’oggi l’opera più brutta, più fredda, più deturpante della città di Milano vale davvero la pena dargli un’occhiata! E perchè poi dargli il nome di Don Eugenio Bussa, eroe del quartiere Isola… e non invece di un certo assessore al demanio dell’epoca, Attilio Schembari o forse Schemmari, come venne chiamato da un certo momento in poi? Il fumo delle candele in Chiesa non è che mi faccia molto bene ma Don Eugenio e pochi altri preti hanno conquistato il mio cervello, perciò voglio scrivere quattro righe in sua memoria su questo giornaletto. E' nato in Via Confalonieri al civico n. 6. Ha dedicato 49 anni della sua vita ai giovani presso l’oratorio di Sant’Antonio in Via Borsieri al 2 e presso la Chiesa del Sacro Volto, in Via Sebenico, dove è stato sepolto. Commemorato dallo Stato di Israele con la medaglia dei Giusti, come pochissimi uomini al mondo, per aver salvato durante il periodo fascista decine e decine di giovani in pericolo, molti di loro ebrei, portandoli a Serina a 970 m, sulla strada per il Gavia. Li costruirono una baita con l’aiuto della popolazione e soprattutto del commendator Borghi, fondatore della Ignis, del commendatore Delle Piane e del commendator Michelangelo Virgillito. Don Eugenio fu arrestato dalle milizie fasciste e liberato dopo qualche settimana grazie all’insorgere della popolazione. Essendo nato nel quartiere penso di poter fare qualche riflessione, sperando che gli amministratori futuri evitino gli errori del passato e siano più coerenti con la reltà e i bisogni della gente. Penso che questa speranza risulterà vana, addirittura una utopia, visto che gli uomini di adesso non hanno nel cuore nessuna “milanesità”. Eh si, l’Isola ne ha vista passare di gente, nata o vissuta in questo quartiere Silvio Berlusconi – ex Presidente del Consiglio, mio compagno alle scuole elementari di Via Jacopo dal Verme, Fedele Confalonieri – amministratore delegato Finivest, Giovanni Borghi – fondatore della Ignis, Pierangelo Belloni – primario di chirurgia polmonare all’ospedale di Niguarda, Claudio Peregrini – primario chirurgo all’ospedale Niguarda, Nello Pagani – campione del mondo di motociclismo, Romolo Ferri campione del mondo di motociclismo categoria 125, i pugili Bassano Zanoletti – campione italiano dei medi juniores, Nazareno Giannelli – campione europeo dei pesi mosca, i Brutos – complesso musicale, Gino Bramieri – artista di teatro, Roberto Massari esponente di spicco del PSI, Bosio (del quale non ricordo il nome) – presidente dello IOR e anche Enzo Barbieri e Sandro Bezzi protagonisti nella rivolta nel Carcere di San Vittore. Chissa'quanti altri ancora se ne potrebbero aggiungere più o meno conosciuti, più o meno importanti che hanno ancora nel cuore (forse!!!) il tempo in cui nelle osterie dell’Isola si ordinavano i bianchini lavorati come il “Saragat” e il “Nenni” e si giocava a “Cirulla” con le carte, tempi non molto lontani che sono però già storia! Foto 3:I bagni pubblici di via De Castillia Foto 4:Il ponte della Sorgente in via Farini Foto 5: Il Ponte Pedonale di Via Borsieri
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CHIRURGIA MAXILLO FACCIALE NELLE APNEE NOTTURNE
Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno (nota con l’acronimo anglosassone OSAS, Obstructive Sleep Apnea Syndrome). Interessa il 4% degli Uomini ed il 2% delle Donne.
Frequenza delle varie manifestazioni cliniche nell’OSAS
Russamento abituale 95% Sonnolenza diurna 90% Sonno non riposante 40% Agitazione notturna 40% Cefalea al risveglio 30% Sensazione di soffocamento nel sonno 30% Alterazioni sfera sessuale (calo della libido) 20% Caviglie gonfie 5% Stanchezza al mattino 5%
OSAS : Complicazioni
Ipertensione sistemica Ipertensione polmonare Scompenso cardiaco Aritmie cardiache notturne Morte improvvisa notturna Poliglobulia Alto rischio anestesiologico Scompenso metabolico
#osas #apneenotturne #apneesonno
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COVID-19: trovato in pazienti con tumore al polmone. Si studiano le modalità del danno
COVID-19: trovato in pazienti con tumore al polmone. Si studiano le modalità del danno
Il coronavirus (COVID-19) si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo. La malattia ha infettato quasi 87.500 persone in tutto il mondo, una maggioranza nella Cina continentale e quasi 3000 morti fino ad oggi. Poiché COVID-19 è una nuova malattia, gli scienziati stanno correndo per determinare la natura del virus e il modo in cui colpisce il corpo umano. Ora, un team di scienziati, ha fatto��
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#biopsia#carcinoma polmonare#ceppo virale#chirurgia#coronavirus#epidemia#incubazione#mortalità#polmonite#polmonite virale#TAC#tumore#tumore al polmone#vie respiratorie#virus#virus respiratorio sinciziale
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Giornata Mondiale della Trombosi: Open Day al Centro Emostasi di Alessandria il 18 ottobre
Incontri gratuiti per chi ha già sofferto di trombosi venose o embolie polmonari presso il Centro Emostasi e Trombosi.
Incontri gratuiti per chi ha già sofferto di trombosi venose o embolie polmonari presso il Centro Emostasi e Trombosi. In occasione della Giornata Mondiale della Trombosi, il Centro Emostasi e Trombosi di Alessandria apre le sue porte al pubblico il 18 ottobre, dalle ore 15:00 alle ore 19:00. L’iniziativa, organizzata dalla struttura diretta dal Dott. Roberto Santi e dalla Chirurgia Vascolare…
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Correlazione Cancro TEV Daiichi Sankyo Italia presenta la ricerca MediPragma
La ricerca MediPragma commissionata da Daiichi Sankyo Italia dimostra che il TEV è per i pazienti oncologici la seconda causa di morte dopo la neoplasia
Roma 20 novembre 2018 – Daiichi Sankyo Italia ha presentato oggi alla stampa il rapporto di MediPragma “Cancro e tromboembolismo venoso: il peso della convivenza sui pazienti”, una ricerca realizzata in Italia con interviste ai pazienti oncologici in terapia eparinica per il tromboembolismo venoso, al fine di comprendere, attraverso testimonianze dirette, l’impatto di questa condizione di co-morbilità sulla vita quotidiana di chi ne è afflitto e le strategie di coping attuate per gestirla. Una correlazione, quella tra cancro e TEV, che è seria, frequente e potenzialmente fatale, eppure spesso ignorata o sottovalutata dai pazienti stessi, che non sono sempre adeguatamente preparati dagli specialisti ad affrontarla. E’ questo uno degli aspetti principali emersi dalla ricerca, di cui hanno discusso eminenti cardiologi, ematologi, oncologi e rappresentanti di associazioni di pazienti.
Il cancro viene oggi considerato un fattore di rischio cardiovascolare perché si associa ad una aumentata incidenza di eventi tromboembolici, infatti il TEV è una co-morbilità particolarmente frequente e ricorrente nel paziente con cancro, con un’incidenza di sei volte superiore rispetto alla popolazione generale, e ne costituisce la seconda causa di morte dopo la neoplasia stessa1. Il tromboembolismo venoso (o tromboembolia venosa) insorge con la formazione di un coagulo di sangue all’interno di una vena profonda, di solito negli arti, o nella pelvi (Trombosi Venosa Profonda), e se un frammento del coagulo si stacca e viaggia fino ad ostruire le arterie polmonari determina una embolia polmonare. Studi su pazienti sopravvissuti al cancro hanno dimostrato che circa un terzo di essi muore per malattia cardiovascolare1.
Di tutti i casi di TEV il 20% si verifica proprio nel paziente oncologico, e ciò dipende da vari fattori quali il tipo di tumore, lo stadio e l’estensione del cancro, l’età, l’immobilizzazione, la chirurgia e alcuni trattamenti chemioterapici.1 “La correlazione tra queste patologie è ormai al centro dell’attività assistenziale e di ricerca dell’ematologia italiana, soprattutto da quando le nuove terapie hanno cronicizzato la maggior parte delle neoplasie ematologiche prima incurabili, rendendo particolarmente importante il ruolo delle alterazioni coagulative – specialmente la trombosi venosa e l’embolia polmonare- legate alle neoplasie stesse o alla loro terapia”, ha spiegato il Prof. Sergio Siragusa, Vice Presidente S.I.E Società Italiana Ematologia, commentando gli ultimi dati di letteratura scientifica. Il rischio è maggiore nei primi mesi fino a due anni dopo la diagnosi, e il rischio di recidiva persiste anche successivamente. Inoltre, i pazienti oncologici in trattamento per TEV hanno sopravvivenza minore, prognosi peggiore e costi sanitari più elevati rispetto a coloro che non soffrono di eventi tromboembolici.2 Durante la chemioterapia il rischio di TEV è fino a 7 volte maggiore se paragonato ai pazienti senza cancro.
“Per tutte queste ragioni, la conoscenza da parte dei medici e dei pazienti delle problematiche legate al TEV è fondamentale – ha dichiarato il Prof. Antonio Russo, Ordinario di Oncologia Medica presso l’Università degli studi di Palermo –dal momento che queste sono molto correlate con il processo neoplastico poiché ne impattano il management e la prognosi”. Le linee guida ESMO sottolineano da diversi anni che il TEV ha importanti risvolti sia sulla prognosi dei pazienti oncologici sia sulla loro qualità di vita eppure, nonostante sia una complicanza a volte devastante e potenzialmente fatale, gli stessi oncologi spesso sottostimano questo tipo di tossicità e di riflesso molti pazienti non seguono cure adeguate3. A sottolineare la necessità di informare e sensibilizzare innanzitutto pazienti e caregiver e in secondo luogo istituzioni e operatori sanitari sui rischi di questa patologia correlata al cancro è stato il Prof. Francesco De Lorenzo, Presidente della Coalizione europea dei pazienti oncologici (ECPC) e Presidente della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) il quale ha dichiarato che: “Il rischio di trombosi correlato al cancro è pressoché ignorato non soltanto dai malati italiani, ma anche da quelli di numerosi Paesi europei e a dimostrarlo chiaramente sono i risultati di un sondaggio europeo condotto da ECPC sul livello di consapevolezza dei pazienti oncologici sui rischi della trombosi: il 72% dei pazienti intervistati ha rivelato di non essere consapevole di correre un maggiore rischio di TEV, e per il 28% di coloro che invece ne erano consapevoli, la conoscenza della patologia è avvenuta solo dopo averla sperimentata, ma il livello di comprensione delle implicazioni si è dimostrato comunque basso. Un altro dato rilevante riguarda le modalità con cui ne sono venuti a conoscenza, solo il 13% dei pazienti ha ricevuto informazioni in merito da medici ospedalieri e il 6% dai medici di base, mentre gli altri hanno fatto ricerche personali o si sono confrontati con parenti e amici”.
Cancro e tromboembolismo venoso: il peso della convivenza – La voce dei pazienti
Una scarsa consapevolezza che emerge con evidenza dalla ricerca italiana MediPragma, che rileva come il peso del tromboembolismo venoso e della terapia eparinica giunga come inaspettato e imponderato per i pazienti oncologici, costituendo una possibilità che spesso diventa realtà e alla quale non erano stati preventivamente preparati dallo specialista di riferimento. Ne deriva una minimizzazione e banalizzazione della gravità del TEV rispetto al cancro, sia da parte del medico che del paziente, che considerano la relativa terapia, rispetto alle preoccupazioni dettate dal cancro, come un fatto transitorio e ineludibile, nonostante emergano chiaramente le difficoltà di una somministrazione quotidiana di eparina: una terapia percepita come invasiva, definita anche come “scolapasta” per via delle numerose iniezioni che causano ematomi addominali e dolore alla somministrazione che spesso, tra l’altro, richiede l’aiuto di un caregiver. Il conflitto tra le strategie di coping e sottovalutazione e la realtà della gestione della terapia, intaccano ulteriormente la tenuta psicologica e la voglia di combattere del paziente che è già di per sé un paziente fragile che ha dovuto affrontare un percorso ad ostacoli: diagnosi di tumore, chemioterapia e/o radioterapia, diagnosi di TEV, inizio della terapia eparinica. A ciò si aggiunge la perdita di autonomia del paziente che generalmente a seguito della trombosi e delle difficoltà di movimento, vede stravolta la sua routine quotidiana, non riesce più ad uscire da solo e trova difficile svolgere in modo indipendente anche banali attività come salire le scale. Le interviste delineano dunque un impatto devastante sulla vita dei pazienti e dei loro familiari e caregiver, che ha un prezzo altissimo a livello psicologico, economico e sociale. L’insorgenza del TEV in pazienti con tumore può comportare, infatti, l’allontanamento dal lavoro e l’isolamento sociale, e un conseguente peso sui familiari, che da “attori secondari” con ruolo di sostegno psicologico e morale per il paziente che sfida il cancro, passano all’improvviso ad essere co-protagonisti nella gestione della terapia della trombosi, con un supporto che diventa fisico/pratico (somministrazione e/o promemoria del farmaco, supporto alle attività quotidiane etc). L’impossibilità di essere autosufficienti e l’allettamento seppur temporaneo a causa del TEV, faticano ad essere accettati dal paziente in quanto rappresentano inconsciamente una indiretta percezione di sconfitta nei confronti del tumore. Emerge dunque il bisogno insoddisfatto di coloro che sono afflitti da questa condizione, un maggiore supporto da parte dei medici non solo nella preparazione di ciò che devono affrontare ma una vicinanza rassicurante e costante che risolva loro i dubbi sulla gestione pratica della terapia, come quelli relativi a sede, modalità e tempi di iniezioni dopo la comparsa degli ematomi.
“Siamo particolarmente orgogliosi di presentare questa ricerca, soprattutto per la metodologia con cui è stata condotta, ovvero ascoltando direttamente la voce dei pazienti, che corrisponde a quello che è da sempre l’impegno di Daiichi Sankyo. I pazienti non sono numeri o statistiche e noi continuiamo ad ascoltare i bisogni insoddisfatti di coloro che soffrono di patologie, co-morbilità e condizioni per vari motivi trascurate, e a lavorare per offrire loro una risposta – ha spiegato Massimo Grandi Amministratore Delegato di Daiichi Sankyo Italia – E siamo felici di collaborare con le associazioni di pazienti come FAVO al raggiungimento di questo traguardo, che però non deve restare un obiettivo dei singoli, che siano medici, aziende o associazioni, ma deve diventare uno scopo comune, con l’attuazione di sinergie tra istituzioni, professionisti sanitari con varie specializzazione mediche, e soprattutto con il coinvolgimento dei pazienti che devono restare al centro del nostro agire”.
Bibliografia
1.N.Maurea et al., Tromboembolismo venoso e fibrillazione atriale nel paziente oncologico, G Ital Cardiol 2018;19(9 Suppl 1):3S 2. D. Imberti et al.,Antithrombotic Therapy for Venous Thromboembolism in patients with cancer: expert guidance, Expert Opinion on Pharmacotherapy 2018, 19:11, 1177–1185 3. Le complicanze tromboemboliche nel paziente con cancro: le linee guida ESMO, CASCO- vol.1, n.2 – ottobre-dicembre 201
Fonte: Daiichi Sankyo
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